Ti prendo per mano e ti porto, cara Lidia, a camminare e a respirare l’aria di montagna. Spero che in questo luogo in mezzo a boschi, acque scroscianti e fioriture alpine tu possa trovare quiete.
Ti prendo per mano e ti porto, cara Lidia, al mare. Così che la tua pelle sia accarezzata dalla brezza marina e le tue narici si riempiano delle note profumate della macchia mediterranea.
Mare e montagna sono in assoluto i luoghi dove mi rigenero e mi sento più in pace e spero che questo possa valere anche per te.
Ti prendo per mano e ti porto, cara Lidia, di notte nella mia città natale, Bologna, a camminar cantando sotto i suoi portici e a cercare di tirar tardi fino al mattino. Una città, come canta Guccini, “capace d’amore, capace di morte” così come lo è la notte; simbolo arcano di ogni inizio e fine e culla dei nostri sogni.
Ti prendo per mano e ti porto, cara Lidia, in quella sala d’aspetto pochi minuti prima dello scoppio della bomba per concederti il tempo di poter dare un ultimo saluto a tuo marito.
Cara Lidia, nella valigia che porterò con me, nel viaggio che avresti dovuto fare tu, non io, vorrei metterci alcune cose di te che la morte ha portato irrimediabilmente via con sé: la tua voce, il tuo odore, i pensieri felici e i sogni che albergavano nella tua mente. Questo perchè, cara Lidia, i ricordi di chi è rimasto non bastano a definire chi sei stata. Mi conforta però pensare che, anche se il tuo corpo è morto, di te restano i messaggi che hai mandato in vita.
una destinazione senza meta e ritorno;
il ricordo di un estate ricca di amore e sole;
i volti dei passeggeri in attesa del treno che ho fotografato in stazione;
IO e TE a inseguire sogni;
il mio 2 agosto finisce con un “oggetto”, il mio zaino blu, che è ciò che rimane di me tra le macerie.
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