A destino il 02 Agosto 2022 – 17:30

Gea Flora R.

Ad Ancona per Catherine Mitchell (anni 22).
Gea Flora R.

TI PRENDO PER MANO E TI PORTO…

Non ci posso credere. Lo vedi l’orizzonte? La linea che cercavi, cercavi, ce l’abbiamo fatta… siamo al mare, volevi fare tappa qui nel tuo viaggio post laurea dell’Europa. Bath, Parigi, Venezia e poi giù, forse verso la Grecia. O magari il bello è proprio non avercela, una meta. All’inizio neanch’io sapevo come sarebbe andata a finire, sai, ti ricordi cinque anni fa che non sapevo niente di te? Appena ho letto il tuo nome mi sei piaciuta subito: parli la mia lingua del cuore, giri il mondo, ti innamori. Ma quanto sono andate in parallelo le nostre vite da allora… no, davvero! Ci siamo parlate la prima volta mentre mi stavo laureando, come te. Siamo state in vacanza in Francia e ripartite per l’Italia assieme, proprio negli stessi giorni. Tu col tuo John e io senza, tu con un lavoro da dopo quell’estate e io faticando cinque anni a trovarlo, ma di certo abbiamo avuto lo zaino in spalla, gli stessi sogni e lo stesso sorriso. Già che siamo di strada, perché non scendere a Bologna? E poi… alle 10:25 si sono rotti tutti gli orologi, quello della stazione che mi ha aperto gli occhi sul tuo destino e quello che portavi al polso, te l’aveva prestato il tuo papà per questo viaggio, ci tenevi tanto. Il tempo si è fermato ed è toccato a me raccontarti in quella stazione. Sei rimasta lì e non è giusto, che ci faccio da sola davanti al mare? … No, non è vero. Sto vivendo anche per te e mi hai fatto conoscere tante persone meravigliose. Posso ripartire da qui e andare oltre. Mi dispiace solo non averti mai vista di persona, oggi avresti l’età della mia mamma. Grazie Cathy. Anche se non ci sei più, sei un’amica.

ADESSO TOCCA A ME

Adesso tocca a me, di nuovo, faccio la narratrice e racconto. Non le vittime, stavolta, ma i sopravvissuti, il perché mi ci riconosco. 

In fondo sono anch’io una sopravvissuta. Per motivi completamente diversi, ovvio, non c’ero nel 1980 e non sono rimasta coinvolta in una strage. Nulla di paragonabile. Ma conosco bene la sensazione dell’aria che manca, di vissuti che non lasciano in pace.

Non riuscire a respirare, non vedere più niente, sentire solo la tua voce che urli fino a perdere, e una volta che è uscita tutta desiderare fortissimo di scappare ma non poterlo fare perché sei paralizzata. Non voler tornare in un certo posto, perfino avere una gamba “storta” ha un senso.

Anche per questo posso dire che alcuni dei salvati del 2 agosto sono diventati miei amici, nonostante li conosca e li abbia visti relativamente poco. A loro vorrei dire questo. So che non c’è un perché a quello che vi è successo, amici miei, c’è solo un dolore continuo che non ha parole e che forse chi non c’era non capisce, ma io so cosa significa quella sala piena di sedie vuote a tavoli vuoti.

Adesso tocca a me finire il viaggio di chi non c’è più e penso a voi, perché anche noi che ci siamo impegnati a farlo siamo “sopravvissuti”, in qualche modo, anche chi non c’era. Il contesto è cambiato, ma le emozioni restano.