A destino il 02 Agosto 2022 – 17:28

Lucia B.

A Brunico per Lina Ferretti in Mannocci (anni 53).
Lucia B.

TI PRENDO PER MANO E TI PORTO…

Canto d’amore del marinaio

Lina, ehi, Lina, mi senti? Dammi retta una volta tanto! Prestami orecchio, sì, perché ti devo dire delle cose… no, non sciocchezze, delle cose importanti, capito? 

Ma ci sei? Ci sei? No perché magari io parlo parlo e tu non mi senti nemmeno… oppure mi senti ma te ne stai lì zitta zitta e pensi che… com’è che mi dicevi sempre? Ah sì, “Le parole le porta via ‘r vento, le bicicrette i livornesi e ‘ bischeri nessuno” e poi ti mettevi a ridere… com’era bello vederti ridere…

Ti voglio parlare d’amore, Lina, sì, d’amore. Adesso di sicuro stai arrossendo, ti conosco, e chissà che pensi sotto quella bella testa di capelli… non importa voglio dirtele queste cose. Tu devi solo ascoltare.

L’amore non è facile, sai Lina? Eh no, l’amore te lo devi guadagnare. Giorno per giorno, passo per passo, lacrima per lacrima.

L’amore ti strappa il cuore e lo getta alle ortiche e subito dopo te lo affoga nel miele e ti senti in Paradiso…. sì Lina, a volte ti fa sentire uno straccio e a volte invece ti senti come Dante con la sua Beatrice.

L’amore è così e non puoi scegliere tu il come e il quando, arriva all’improvviso e si porta via tutto come una burrasca.

Tutto ti devi prendere, pacchetto completo, prendere o lasciare. E te lo devi tenere stretto al petto e custodirlo gelosamente perché se lo perdi… se lo perdi sei perduto. Per sempre.

Hai capito, Lina? Io parlo parlo e parlo ancora come un Ulisse ammaliato e istupidito, dico cose a vanvera e intanto tu, mia Sirena dagli occhi d’ambra, mi stai attirando dolcemente e pericolosamente su uno scoglio. 

Cantami o Musa e portami dove vuoi tu, la tua voce, amica mia, è il filo d’Arianna per non smarrirmi, la tua voce canta il mondo e io come un naufrago salgo sulla scialuppa di salvataggio.

Tu sei la mia isola, io sono invece il pesce strano e ridicolo che ti nuota intorno, mostro triste, freak malinconico, sono una foca, un pinguino, e tu ridi e io per te faccio altre mille capriole e versi e facce buffe e canto filastrocche infantili al mio amore:

Questo è l’occhio bello,

questo è suo fratello

questa è la guancia bella,

questa è sua sorella,

questa è la mano bianca

questa è la gemella

questo è il profumo di rose dei capelli

questa è la linea delicata del mento

questo l’arco perfetto del sopracciglio

e questo è il suo gemello

Anche ad occhi chiusi riconosco ogni dettaglio. Non lasciare la mia mano, amore mio, altrimenti precipiterò, lo sento, tu tienimi, tienimi, mia stella polare.

Tienimi amore, tienimi qui con te. 

Ancora.

Lina, mi senti?

Il mio 2 agosto comincia con…

Con mio padre che mi dice “è successo qualcosa di grave a Bologna…un incidente, un’esplosione…una bomba…non si sa…non andare, non partire…non è sicuro”… ma io sto preparando la valigia perché con degli amici devo partire proprio la sera stessa per una vacanza al Sud…

Così il mio 2 agosto comincia il 5 agosto…arrivati alla stazione di Bologna io e i miei amici scendiamo per andare a vedere…non sappiamo bene cosa…e d’un tratto siamo scaraventati in uno scenario di guerra, di quelli che vedi con distacco al telegiornale…Beirut? Teheran? Irreale, apocalittico…pensiamo che lì sotto c’è ancora gente da trovare…ripartiamo con un groppo alla gola ma la gioventù è egoista e prende il sopravvento la voglia di vacanza e di mare e di amore…di vita…

Il mio 2 agosto comincia con un senso di rabbia e indignazione che da allora non mi ha mai lasciata… 

 Bologna, la città diversa, speciale, la città che avevo sognato tante volte e in cui mi sono trasferita…la “mia città” umiliata e offesa, violata, colpita al cuore…uno strazio che sembra non finire mai…

Comincia con la città che dopo l’uragano rimette in piedi le cose, ricostruisce, ridà un senso e un ordine, restituisce corpo e voce e tridimensionalità, “profondità” ai tanti nomi sulla lapide e intanto aspetta un atto di giustizia, definitivo, e aspetta dignitosamente e non si stanca di raccogliere briciole di verità come Pollicino nel bosco e intanto aspetta e aspetta e aspetta…

ADESSO TOCCA A ME

Adesso tocca a me!

Adesso, proprio adesso tocca a me? Ma dite sul serio? 

E allora? E prima di allora? Ma perché io? Che posso fare io? Che posso aggiungere io? Con che coraggio io ora e qui…Con che parole?

La “cosa”, questa “cosa” tocca me, proprio me, anche me, mi guarda e mi ri-guarda, mi afferra, mi graffia con unghie di metallo arrugginito e scava canyon,  strappa le certezze e le illusioni, scardina e scaraventa lontano gli alibi confortevoli e rassicuranti.

E quindi? E perciò? 

Tocca a me, adesso, portare la lapide? Farla incensare? No, altri l’hanno fatto meglio e più a lungo e con più convinzione. 

Tocca a me adesso elaborare e confezionare la rabbia e l’indignazione e le urla che straziano il cielo? Tocca a me sistemarle in comode confezioni da viaggio, confortevoli e carine, rassicuranti? Ma attenzione! Maneggiate con cura, tenetele lontano dalla portata dei bambini, guai ad aprire prima del tempo, guai a scuotere troppo il contenuto o fuoriescono zampilli di lava incandescente, non domati, non sopiti.

 Nella città nera, sotterranea, loro aspettano, sono qui, ancora qui, non passano, non passano, non possono farlo…

Loro non dormono sulla collina ma vagano e gridano che sono, che erano.

E adesso tocca a me e come l’ultimo dei peones cerco pietra su pietra, sistemo mattoni sbrecciati e tiro su una parete malferma e poi un’altra… e tolgo le erbacce e aro e risemino e custodisco germogli e aspetto e aspetto e aspetto…e bestemmio e maledico e grido l’osceno ma intanto aspetto…e tengo d’occhio e sento e vedo e seguo e archivio per altri…per chi verrà dopo di me, a fare meglio di me…

Come umile e disadatta formica racconto, tengo il filo.

Adesso tocca me, non è tempo di stare calmi e buoni, composti, di parlare piano e a modo, di chiedere permesso, “si può”? “Mi è concesso?”

Adesso tocca a me e mi preparo…ma per andare dove? A fare cosa? Per chi? 

Potrei, sì, parlare ai sordi, ridare la vista ai ciechi e le gambe agli storpi, potrei dire la frase perfetta, adamantina, convincere gli scettici e i cinici, riparare i torti e vendicare le ingiustizie …

No. Non io. Non lo so fare. Non so quasi niente. 

So solamente che adesso e qui tocca a me.