Il mio 2 agosto inizia con una passeggiata sotto al sole, il sudore sulla pelle e l’afa che fa pesare le gambe. Arrivo alla stazione e guardo l’orologio fermo: sono qui perché quel tempo poteva fermarsi per me, per mia madre, per mio padre, per un mio amico, per un mio fratello o una mia sorella. Sono qui perché questa è la città che mi ha accolta, e io voglio ripagarla, voglio consolare le sue ferite.
E allora adesso tocca a me, prendere fiato, e riprendere il viaggio da dove si è interrotto, ricucire la memoria dove la violenza l’ha strappata.
Ti prendo per mano e ti porto a destinazione. O forse sei tu che porti me. Io percorro soltanto la strada che hai tracciato, e ti presto i miei occhi e i miei passi. Mi farai guardare dall’aereo Bologna che scompare, e poi le spiagge e le isole che si avvicinano all’orizzonte, e mi racconterai di te durante il viaggio.
E rideremo.
Andiamo Vincenzo, andiamo al mare.