I tuoi capelli.
Neri, ricci, arruffati, selvaggi.
Quella frangia forse troppo lunga che un po’ ti copre gli occhi ma che ti rende misterioso, spavaldo, sicuro di te.
Il tuo sorriso, accomodante ma presente.
Tutto di te mi trasmette sicurezza ma anche tanta dolcezza, semplicità, voglia di vivere.
Passo veloce! Sempre di corsa andavi tu!
Verso dove correvi quella mattina? Verso dove eri corso la sera prima di quella mattina, un mese prima di quella mattina? Verso dove?
Verso dove saresti corso dopo le 10.25 del 2 agosto 1980?
Da quel momento quante corse verso dove hai mancato.
E noi, tutti noi, io, quante di queste tue corse verso dove abbiamo perso? Noi che quella mattina non eravamo lì con te, io, bimba che, un po’ più piccola di te, stavo in un’altra città con altri pensieri con altre corse verso altri dove.
Si, perché anche io sono una che corre verso dove, che sembra sempre di fretta, che lascia le persone indietro, che cammina veloce avanti.
Anche io a 18 anni avevo capelli neri, ricci, arruffati che mi facevano selvaggia, spavalda, sicura di me.
Il mio passo veloce con gli anni l’ho interpretato come il voler gioire per prima della vista del mare, della bellezza di un tramonto, dell’espressione della persona che mi sta aspettando.
Forse anche tu stavi andando con passo veloce verso il sorriso della ragazza straniera che avevi accompagnato da Rimini a Bologna per prendere il suo treno verso casa.
Adesso tocca a me, ti prendo per mano e con passo veloce, come piace a noi, ti porto verso il mare, il tramonto, il sorriso di chi ci aspetta per salutarci per la prima o per l’ultima volta.
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